Danilo Aprigliano

Diversità e multiculturalismo. Appunti per un programma elettorale

Se xenofobia e paura del diverso sono stati i padroni del pensiero politico negli ultimi anni, l’agenda che vorremmo scrivere parte da vocaboli come diversità, scuola, integrazione, rispetto, cultura, apertura, religioni (al plurale).

La diversità non deve più essere un avversario, ma un valore.

Puntando sulla formazione e su una cultura diffusa è possibile acquisire il rispetto nei confronti della pluralità come pratica quotidiana.

Un primo semplice esempio ci è offerto dalla scuola, dove l’obbligatorietà dell’insegnamento della religione cattolica toglie spazio al dialogo e alla pluralità, di cui le nostre scuole sono sempre più ricche. E le potenzialità che potrebbe offrire la scelta, affermata dall’aggiornamento del Concordato Stato-Chiesa del 1985, di non avvalersi di tale insegnamento, e di usufruire invece di una materia alternativa, o di supporto nello studio individuale o di gruppo, non vengono sfruttate come dovrebbero, vuoi per mancanza di fondi, vuoi per la disattenzione e il disinteresse della politica – che si riflette nei programmi scolastici – verso altre religioni che non siano quella cattolica, e verso i temi dell’intercultura.

In altri Paesi europei, dove pure esiste l’obbligo di insegnamento della religione si dà invece molto più valore alle scelte alternative, attivando ad esempio corsi di educazione alla cittadinanza, filosofia, religioni, etica e culture del mondo.

Volgendo poi lo sguardo alla società nel suo complesso, si potrebbero gestire quei complessi fenomeni sociali legati all’immigrazione, e prevenire situazioni di attrito molto violente e problematiche, preoccupandosi di garantire più luoghi di culto e luoghi di culto adeguati alle richieste delle differenti comunità religiose che popolano la nostra Regione, rifiutando i pregiudizi e impiegando razionalità e buon senso.

L’indifferenza e l’insofferenza con le quali abbiamo assistito negli ultimi anni all’arrivo di migliaia di persone, ha portato alla formazione di zone franche delle quali non sappiamo nulla – in che condizioni si viva, come vengano affittati gli appartamenti, se i ragazzi vanno a scuola, … – e nelle quali regnano abbandono e degrado. Delle polveriere di violenza e rabbia, insomma, di disperazione, povertà e solitudine.

Per questo è necessario sviluppare pensiero e progettualità che facciano della scuola il mezzo attraverso cui offrire a queste persone e ai loro figli la possibilità di elevarsi culturalmente e attraverso cui creare delle città multiculturali in cui la diversità si esprima in un tessuto sociale armonico e senza violenza 

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